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Salute e Servizi: Articoli sulla prevenzione
Ordinanze contro la prostituzione parzialmente bloccate dalla Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha bocciato parzialmente la legge 125 del 2008, definendo illegittimi gli ampli poteri di ordinanza dei sindaci previsti dal pacchetto sicurezza del governo Berlusconi.

Poteri che si sono tradotti in divieti anti-accattonaggio o anti-lucciole in numerose città d'Italia. La parte bocciata è quella che consente al sindaco di addottare provvedimenti «a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato» per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana, anche al di fuori dai casi di «contingibilità e urgenza».

Automaticamente tutte le ordinanze sono anullate, a meno che non siano nuove ordinanze scritte tenendo in conto la sentenza della Corte.

Questo significa che ora se viene data una multa/sanzione alle lucciole o ai clienti è un abuso, sempre che si tratti di vecchie ordinanze.
I multati possono fare ricorso al Giudice di Pace e lo vinceranno. Inoltre se è applicata la vecchia ordinanza si potrebbe anche denunciare di abuso di potere chi emette la sanzione.

Le ordinanze dei sindaci previste dal pacchetto sicurezza incidono «sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate - scrive la Consulta - ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati».

«La Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge», così come previsto dall'art. 23 della Carta. Pertanto «nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti», il pacchetto sicurezza «viola la riserva di legge relativa» perché «non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge».

Ma c'è di più: la «assenza di una valida base legislativa» nell'amplio potere di ordinanza conferito ai sindaci non solo «incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione» ma lede anche il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 della Costituzione). Il principio di eguaglianza viene violato in quanto «gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci». E in questi casi non si tratta di «adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali», bensì di «vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa». Ciò consente ai sindaci di adottare «restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria».