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Salute e Servizi: Articoli sulla prevenzione
PIANO NAZIONALE DI INTERVENTI CONTRO HIV e AIDS (PNAIDS)
PIANO NAZIONALE DI INTERVENTI CONTRO HIV e AIDS
(PNAIDS)
Allegato al parere del Consiglio Superiore di Sanità del 7 dicembre 2016
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Indice
Elenco delle abbreviazioni e acronimi
Prefazione
Introduzione
Epidemiologia
Strumenti e strategie di prevenzione
 Introduzione
 Interventi di prevenzione
Strategie di diagnosi e di inserimento nel continuum of care
1. Aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso al test
2. Garantire in tempi brevi la diagnosi e il collegamento al percorso di cura (strategie di diagnosi e linkage to care)
Prevenzione e diagnosi precoce: comunicazione su popolazione generale e strategie su popolazioni specifiche
1. Comunicazione su popolazione generale
1.1 Mondo Giovanile
2. Strategie rivolte alle popolazioni chiave
2.1 MSM: uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini
2.2 Persone che utilizzano sostanze
2.3 Detenuti
2.4 Lavoratori e lavoratrici del sesso (sex workers)
2.5 Persone Transgender
2.6 Persone che afferiscono ai centri IST
3. Popolazioni vulnerabili
3.1 Migranti
3.2 Persone che vivono con HIV e loro partner
Presa in carico, cura e assistenza, quadro normativo, situazioni cui porre attenzione
 Introduzione
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 1. Continuità di cura. Inizio della terapia antiretrovirale, aderenza e mantenimento in cura
 2. Nuove necessità di cura e di assistenza
 3. Coinfezione HIV/HCV
 4. Interventi a favore dell’implementazione della prevenzione delle infezioni attraverso i vaccini
 5. Interventi a favore dell’assistenza alla gravidanza nelle donne con HIV/AIDS
 6. Interventi a favore dell’assistenza dei minori con HIV/AIDS
 7. Inquadramento degli interventi integrativi proposti dal Piano Nazionale AIDS nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
Stigma e lotta alla discriminazione
Formazione degli Operatori sanitari e per la prevenzione
Componenti del gruppo di lavoro e esperti
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Elenco delle abbreviazioni e acronimi
AIDS sindrome da immunodeficienza acquisita
ART/cArt terapia antiretrovirale
CBVCT Counselling e test volontari in sedi associative
HIV virus dell'immunodeficienza umana
HAV virus dell’epatite A
HBV virus dell’epatite B
HCV virus dell’epatite C
HIV virus dell'immunodeficienza umana
IDU Persone che usano sostanze per via iniettiva
IST infezioni sessualmente trasmesse
MSM uomini che fanno sesso con uomini
M to F transgender da maschile a femminile
PEP profilassi post esposizione
PLWHA persone che vivono con HIV AIDS
PrEP profilassi pre esposizione
PWUD Persone che usano droghe
SW Lavoratori e lavoratrici del sesso
TasP trattamento come prevenzione
UNAIDS Programma delle Nazioni Unite per l'AIDS/HIV
WHO/OMS Organizzazione Mondiale della Sanità
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Prefazione
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Introduzione
Gli obiettivi definiti dalla legge 135/90 riguardo ad assistenza, definizione e realizzazione della rete di interventi e formazione sono stati in larga misura realizzati e hanno consentito al Paese di affrontare validamente l’emergenza AIDS e di seguirne gli sviluppi nel tempo. A distanza di più di 25 anni tuttavia, la situazione presenta profonde variazioni non solo in termini epidemiologici, ma anche per quanto attiene alla realtà socio-assistenziale. Rimangono ancora questioni irrisolte, prima fra tutte il persistere della diffusione dell’infezione, negli ultimi anni infatti il numero di nuove infezioni è rimasto stabile, ed emergono nuove problematiche.
Alcune indagini descrivono una popolazione che ha una conoscenza del virus Hiv in termini essenziali, ma che contemporaneamente ha scarse informazioni in molti ambiti specifici, in particolare in quello preventivo. Inoltre, risulta scarso il ricorso al Test HIV in Italia.
Si pone quindi la necessità di disegnare un nuovo piano di intervento fondato sull’analisi della situazione attuale dell’epidemia e sulla valutazione basata sull’evidenza dei risultati fin qui conseguiti.
Formulato su questa base, il Piano Nazionale AIDS 2017-2019 si propone di delineare il miglior percorso possibile per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (ECDC, UNAIDS, OMS), rendendoli praticabili nella nostra nazione. Tutto questo senza disperdere quanto fino ad ora capitalizzato in termini di formazione e con il necessario arricchimento dato da interventi volti al miglioramento della qualità della vita delle persone con HIV. In particolare, va focalizzata l’attenzione sulla lotta contro la stigmatizzazione e sulla prevenzione altamente efficace – come suggerito dalle agenzie internazionali - basata sulle evidenze scientifiche e ancorata a principi ed azioni che oltre a comprendere le campagne di informazione, l’impiego degli strumenti di prevenzione e gli interventi finalizzati alla modifica dei comportamenti, si estendano all’uso delle terapie ARV come prevenzione (TasP), con conseguente ricaduta sulla riduzione delle nuove infezioni ei l rispetto dei diritti delle popolazioni maggiormente esposte all’HIV.
Obiettivi prioritari degli interventi previsti nel Piano sono:
- Delineare e realizzare progetti finalizzati alla definizione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni.
- Facilitare l’accesso al test e l’emersione del sommerso
- Garantire a tutti l’accesso alle cure
- Favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento
- Migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone PLWHA
- Coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale
- Tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone PLWHA
- Promuovere la lotta allo stigma
- Promuovere l’Empowerment e coinvolgimento attivo delle popolazione chiave
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A integrazione ed estensione di quanto già definito dalla “prevention-cascade” di UNAIDS, il Piano prevede per ogni obiettivo definito i risultati da raggiungere e gli indicatori di risultato e di percorso.
In particolare, il Piano si propone di conseguire nel triennio:
- L’incremento della percentuale dei casi diagnosticati e mantenuti in cura fino al raggiungimento del 90% delle persone PLWHA che si stimano viventi in Italia - L’attivazione di un percorso diagnostico terapeutico definito in almeno l’80% dei Centri clinici deputati all’assistenza delle persone PLWHA
- Il mantenimento di livelli di viremia <50 copie/mL in più del 90% dei pazienti trattati (<5% di fallimenti virologici/anno)
- La riduzione a meno del 5% all’anno della perdita di contatto da parte dei Centri clinici con i pazienti seguiti dai centri
- La riduzione del 50% dei casi di diagnosi tardiva di infezione (AIDS presenter, conte di CD4 ≤200/μL)
- La riduzione del 25% dei casi che si presentano con CD4 > 200 <350/μ𝐿
- L’allineamento con action plan dell’OMS/EU
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Epidemiologia
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
La raccolta sistematica dei dati sui casi di AIDS è iniziata nel 1982, nel 1984 è stato formalizzato il sistema di sorveglianza a livello nazionale (Registro Nazionale AIDS) e nel 1986 (DM n. 288) l’AIDS è divenuta una malattia infettiva a notifica obbligatoria. La scheda raccolta dati include nome e cognome del caso.
La raccolta di dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV è iniziata in alcune regioni, in base a decreti regionali, dal 1985 in poi. Nel 2008 è stato Istituto il sistema di Sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione di HIV con DM (Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2008). In seguito alla pubblicazione del DM, in modo progressivo, tutte le regioni si sono uniformate raggiungendo nel 2012 la copertura completa del territorio italiano. Allo stato attuale il registro delle nuove diagnosi HIV e il registro nazionale AIDS non sono unificabili né compatibili in quanto il flusso informativo, la scheda di raccolta dati e l’identificativo individuale sono diversi.
SINTESI CRITICITÀ
A) Variabili raccolte:
1) Alte percentuali di missing per alcune variabili: CD4 22,3%, prima carica virale 25%, stadio clinico 28%, motivo del test 19%.
2) Presenza nella sorveglianza HIV di variabili facoltative da regione a regione: titolo di studio, stato civile, gravidanza, detenuto, sex worker, uso di sostanze non iniettive, motivo del test con opzioni diverse.
3) Mancata effettuazione o registrazione del risultato del test di avidità per identificare le infezioni recenti.
B) Duplicazione dei casi intra- ed inter- regionali:
4) Necessità di ‘ripulire’ manualmente i duplicati interregionali o duplicati segnalati in anni diversi
5) Ricollocare i casi residenti in una regione ma notificati in altre regioni
C) Sottonotifica dei casi:
1) Sottonotifica stimata del registro AIDS: 18% (diagnosi HIV con AIDS concomitante segnalate solo al sistema di sorveglianza HIV)
2) Sottonotifica stimata del sistema di sorveglianza HIV: 8% (casi di AIDS con una diagnosi di
HIV <6 mesi segnalati solo al Registro AIDS)
3) Sottonotifica da parte dei centri segnalatori, difficilmente stimabile.
D) Mancanza di dati sul numero totale di persone testate per HIV in un anno: al momento non esiste una raccolta centralizzata nazionale sul numero annuo e sulle caratteristiche delle persone che effettuano un test HIV che sarebbero di rilevante importanza per interpretare meglio i dati sulle nuove diagnosi HIV.
INTERVENTI PROPOSTI
Unificazione dei due sistemi di sorveglianza HIV e AIDS con implementazione di una scheda di segnalazione, uniforme per tutte le regioni, utilizzata sia per la prima diagnosi di HIV che per la prima diagnosi di AIDS
Utilizzo di una piattaforma di inserimento dati nazionale e centralizzata che preveda dei must-enter per evitare i missing nelle variabili principali e che segnali in automatico i duplicati di casi diagnosticati in anni o in regioni diverse
Monitoraggio del numero di test HIV effettuati annualmente
Misura dell’incidenza delle infezioni recenti da HIV tra le nuove diagnosi
INDICATORI DI RISULTATO
Adozione della scheda di segnalazione unificata in tutte le Regioni
Riduzione delle sottonotifiche
Diminuzione delle doppie segnalazioni
Riduzione al minimo di risultati mancanti nelle variabili principali
Costituzione di una rete sentinella di laboratori che fornisca annualmente i dati sui test HIV effettuati, possibilmente corredati da informazioni socio-demografiche essenziali
Effettuazione in tutte le regioni di un test per l’identificazione delle infezioni recenti da HIV (ad es. test di
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avidità anticorpale) su tutte le nuove diagnosi HIV
Attori da coinvolgere
ISS, Assessorati Regionali alla Sanità, Referenti regionali Sorveglianza HIV, Laboratori certificati per l’esecuzione del test HIV, Cliniche di Malattie Infettive, Commissioni Regionali AIDS, Società Scientifiche, Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute, Ministero della Salute.
Tempistica suggerita
Unificazione dei due sistemi di sorveglianza entro 24 mesi e messa a regime entro 36 mesi. Preparazione della scheda di notifica unificata entro 18 mesi. Piattaforma di inserimento dati nazionale e centralizzata entro 24 mesi e messa a regime entro 36 mesi. Monitoraggio del numero di test HIV effettuati entro 12 mesi. Costituzione di una rete sentinella di laboratori entro 18 mesi. Implementazione del test per infezioni recenti entro 24 mesi.
Riferimenti
1. Circolare del Ministero della Sanità, 3 agosto 1983 N. 64 (non pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale) Sindrome da immunodeficenza acquisita. In http://www.iss.it/binary/ccoa/cont/ciroclare_25_06_1984_n_48.pdf
2. Inserimento nell’elenco delle malattie infettive e diffusive sottoposte a notifica obbligatoria, dell’AlDS (SIDA), della rosolia congenita, del tetano neonatale e delle forme di epatite distinte in base alla loro etiologia. DECRETO MINISTERIALE 28 NOVEMBRE 1986 (in Gazzetta Ufficiale 12 dicembre n. 288). In http://www.iss.it/binary/ccoa/cont/DM_28_nov_1986_n_288.pdf
3. Decreto Ministeriale n. 175, 28 luglio 2008. In http://www.iss.it/binary/ccoa/cont/7_DECRETO_31_marzo_2008.pdf
4. Raimondo M, Boros S, Regine V, Pugliese L, Santaquilani M, Ferri M, Pezzotti P, Suligoi B. Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2015. Notiziario IST Super Sanità 2016.
5. Suligoi B, Rodella A, Raimondo M, Regine V, Terlenghi L, Manca N, Casari S, Camoni L, Salfa MC, Galli C. The avidity index for HIV antibodies: comparison between a 3rd and a 4th generation automated immunoassays. J Clin Microbiol 2011; 49:2610-3.
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Strumenti e strategie di prevenzione
Introduzione
I programmi volti ad arrestare la trasmissione dell’HIV sono finalizzati a proteggere l’individuo e la comunità di riferimento e prevalentemente incentrati su interventi indirizzati a modificare comportamenti a rischio.
La complessa natura dell’epidemia, tuttavia, implica la necessità di programmi di prevenzione combinati, che prendano in considerazione fattori specifici per ogni contesto, che prevedano anche programmi per la riduzione dello stigma e della discriminazione e nel rispetto dei diritti umani. L’importanza del coinvolgimento a pieno titolo e su tutti gli aspetti dei rappresentanti della società civile e delle popolazioni chiave è ampiamente riconosciuta dalle Autorità Sanitarie Europee e Internazionali.
I programmi combinati possono essere implementati a livello individuale, di comunità e della popolazione generale e devono essere basati su evidenze in merito all’andamento dell’epidemia. L’analisi di fattori quali le modalità di trasmissione dell’HIV, le popolazioni chiave colpite dall’infezione e i principali trend epidemiologici sono, quindi, elementi imprescindibili per sviluppare l’intervento combinato più idoneo. In particolare:
 Interventi sui comportamenti: comprendono azioni sui comportamenti a rischio (esercizio consapevole della sessualità, miglioramento dell’adesione alla terapia, corretto uso del profilattico maschile e femminile, counselling).
 Interventi di riduzione del rischio e del danno nelle popolazioni chiave: attraverso l’implementazione di programmi di offerta gratuita e sostituzione di siringhe sterili e di distribuzione di profilattici maschili e femminili, programmi di offerta attiva del test HIV, terapia sostitutiva, interventi sulle persone con IST.
 Interventi farmacologici: strategie di prevenzione basate sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali (PrEP, PEP, TasP, terapia per prevenire la trasmissione materno-fetale).
 Interventi strutturali: volti a ridurre la vulnerabilità all'infezione da HIV legata a condizioni quali la povertà, la disuguaglianza di genere, la discriminazione e l'emarginazione sociale, con particolare riferimento alla discriminazione omo-trannsfobica e alle problematiche giuridico-legali riguardanti l’esercizio della prostituzione, l’utilizzo di sostanze e la presenza non regolare nel territorio nazionale.
Gli interventi di cui sopra vanno integrati in programmi di sanità pubblica al fine di invertire trend epidemiologici specifici, indirizzando le risorse disponibili verso popolazioni e situazioni a maggior prevalenza e/o rischio di acquisizione dell’infezione e di attuare una prevention cascade che, basata sull’analisi dell’esistente e del conseguito, si prefigga tempi certi per il raggiungimento di nuovi obiettivi, individuando i contesti prioritari di intervento e ottimizzando le risorse disponibili.
Riferimenti
1. Coates, TJ et al, Behavioural strategies to reduce HIV transmission: how to make them work better. The Lancet. 2008. 372(9639):669-684.
2. http://www.unaids.org/en/resources/documents/2016/prevention-gap.
3. UK Consortium on AIDS and International Development (2013) 'Working Group Briefing Paper: Combination Prevention'.
4. Jones, A. et al (2014) 'Transformation of HIV from pandemic to low-endemic levels: a public health approach to combination prevention' The Lancet 384(9939)272-279.
5. The Lancet HIV, 2016 (Lug): Vol. 3, n 7 e283-e332.
6. L. Ferrer et al. Sex trans Infect 2016 9270-75.
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Interventi di prevenzione
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
 Comportamenti a rischio, counselling - L’attivazione di interventi di counselling sui comportamenti costituisce il primo livello di un programma di prevenzione, con un accesso immediato e facilitato per tutta la popolazione, al fine di erogare informazioni scientifiche, aggiornate e personalizzate per una sessualità sicura e consentire una gestione responsabile di altre strategie di prevenzione. Cruciali, seppur scarsamente presenti se non ad opera delle associazioni, gli interventi a favore della riduzione dello stigma e della discriminazione.
 Preservativo e accesso al test- il corretto uso del preservativo quale efficace strumento di prevenzione nonché l’abitudine periodica al test, in caso di rischio persistente, costituiscono un primo livello di intervento biomedicale, da utilizzare nella popolazione generale e con particolare attenzione nelle popolazioni più a rischio di acquisire l’infezione.
 Utilizzo della cART come strumento di prevenzione- L’evidenza del ruolo protettivo della terapia antiretrovirale sulla trasmissione di HIV è largamente documentato. In particolare, in circostanze e situazioni definite (vedi le Linee Guida di competenza) la profilassi Pre-Esposizione (PrEP) e Post-Esposizione (PEP), e l’estensione più ampia possibile del trattamento (Treatment as Prevention, TasP) sono risultate di provata efficacia nel limitare l’incidenza di nuove infezioni.
SINTESI CRITICITÀ
 Comportamenti a rischio, counselling – mancano linee di indirizzo operative e omogenee sul territorio, che contemplino la programmazione di interventi differenziati sulla base dei contesti e dei differenti target. Il tema dello stigma e della lotta alla discriminazione è scarsamente affrontato.
 Preservativo e accesso al test- la sensibilizzazione non è continuativa, sia nella popolazione generale sia in quelle target.
 Utilizzo della terapia cART:
o PEP - accesso non sufficiente e sovente non congruo all’indicazione. Necessità di implementare l’impiego appropriato di PEP e PrEP secondo linee guida, mediante servizi che considerinol’offerta di entrambe le strategie a seconda del caso (da PEP a PrEP, in caso di rischio non occupazionale continuativo e in accordo con le Linee Guida vigenti).
o PrEP - da implementare ex novo nel nostro paese, secondo protocolli dedicati seguendo le Linee Guida vigenti, su popolazioni adeguatamente selezionate, affrontando le problematiche di ambito regolatorio, di presa in carico dell’utente e attinenti alle risorse necessarie.
o TasP – efficacia in relazione al successo degli interventi di emersione del sommerso, precoce avviamento alle cure e mantenimento in cura
INTERVENTI PROPOSTI
 Comportamenti a rischio, counselling - Costituzione di un gruppo tecnico, con il coinvolgimento di tutti gli attori del settore, per la redazione di linee di indirizzo che contemplino interventi differenziati su popolazioni target e contro lo stigma e la discriminazione.
 Preservativo e accesso al test - programmazione continuativa della sensibilizzazione (che contempli la promozione dell’uso e la distribuzione del preservativo), sia su popolazione generale sia su quelle target.
 Utilizzo della terapia cART:
o PEP - ridurre le barriere di accesso e concepire strumenti informativi su PEP. Monitoraggio del numero dei candidati per
INDICATORI DI RISULTATO
 Comportamenti a rischio, counselling – Completamento e divulgazione delle linee di indirizzo. Verifica dell’inserimento del tema di lotta alla discriminazione e stigma nelle iniziative di prevenzione.
 Preservativo e accesso al test - verifica dello svolgimento di programmi di sensibilizzazione continuativi, sia su popolazione generale, sia su quelle target. Verifica e valutazione dell’efficacia, al fine di porre adeguati correttivi.
 Utilizzo della terapia cART:
o PEP – valutazione dell’incremento percentuale degli utilizzatori di PEP
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PrEP, a seguito di un contatto per PEP, laddove applicabile. Promuovere le Linee Guida vigenti tra gli operatori del settore e tra le comunità colpite.
o PrEP - concepire e realizzare protocolli dedicati seguendo le Linee Guida vigenti, su popolazioni adeguatamente selezionate. Agire al fine di rimuovere le problematiche di tipo regolatorio e di presa in carico dell’utente. Promuovere campagne informative rivolte alle popolazioni target.
o TasP - promuovere le Linee Guida vigenti sulla materia, con particolare attenzione a popolazioni chiave, tra gli operatori del settore e le comunità colpite. Predisporre programmi di incremento dell’empowerment all’interno delle communities, per favorire la strategia e gestire i problemi di accettabilità e stigma.
Su tutte le strategie - armonizzare e combinare gli interventi (laddove applicabile), al fine di favorire gli interventi combinati e la costo/efficacia della risultante.
aderenti all’indicazione; monitoraggio numero di persone candidate a PrEP; Numero di iniziative di promozione delle Linee Guida.
o PrEP - verifica dell’attuazione di protocolli dedicati, su popolazioni adeguatamente selezionate. Numero di persone che hanno iniziato la PrEP in Italia. Verifica dell’esito delle azioni al fine di rimuovere le problematiche di tipo regolatorio e di presa in carico dell’utente. Verifica dell’esecuzione e dell’efficacia di campagne informative rivolte alle popolazioni target.
o TasP – verifica delle iniziative di promozione delle Linee Guida vigenti, con particolare attenzione a popolazioni chiave, tra gli operatori del settore e le comunità colpite. Verifica dei programmi di incremento dell’empowerment all’interno delle communities, per favorire la strategia e gestire i problemi di accettabilità e stigma.
Su tutte le strategie - verifica dell’armonizzazione e combinazione degli interventi (laddove applicabile).
Attori da coinvolgere
 Assessorati Regionali e rete dei Centri territoriali per l’esecuzione del test, Centri per l’assistenza delle persone con HIV/AIDS, ISS, Commissioni Regionali AIDS, Assessorati Regionali Sanità, Associazioni, Società Scientifiche, Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute.
Tempistica suggerita
 Coinvolgimento degli Attori entro 6 mesi dalla data di esecutività del Piano; completamento e divulgazione delle linee guida entro 12 mesi; attivazione della rete dei centri per la PrEP coinvolgenti CBVCT entro 12 mesi; attività a regime entro 36 mesi.
Riferimenti
1 “Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per HIV in Italia”; Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2011 (Rep. n. 134/CSR) - G.U. Serie Generale, n. 191 del 18 agosto 2011
2 2014 European Guideline on HIV Testing http://www.iusti.org/regions/europe/pdf/2014/2014IUSTIguidelineonHIVtesting.pdf
3 Friedman DS, O'Byrne P, Roy M Comparing those diagnosed early versus late in their HIV infection: implications for public health. Int J STD AIDS 2016 Aug 18.
4 Raffetti E, Postorino MC, Castelli F, Casari S, Castelnuovo F, Maggiolo F, Di Filippo E, D'Avino A, Gori A, Ladisa N, Di Pietro M, Sighinolfi L Zacchi F, Torti C The risk of late or advanced presentation of HIV infected patients is still high, associated factors evolve but impact on overall mortality is vanishing over calendar years: results from the Italian MASTER Cohort. BMC Public Health 2016 Aug 25;16(1):878.
5 European Centre for Disease Prevention and Control. HIV testing: Increasing uptake and effectiveness in the European Union. ECDC Guidance. Stockholm: ECDC; 2010.
6 European Centre for Disease Prevention and Control. HIV testing: Increasing uptake and effectiveness in the European Union. Technical Report. Stockholm: ECDC; 2010.
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Strategie di diagnosi e di inserimento nel continuum of care
Infatti, l’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) è da correlare a molteplici fattori che riguardano sia la salute della persona con HIV a breve e a lungo termine (riduzione della morbosità e mortalità, miglioramento della qualità della vita), sia la riduzione della trasmissibilità dell’infezione stessa, mirante anche a contenere l’epidemia (TasP, Treatment as Prevention), e ad ottenere un effetto “de-stigmatizzante” per le persone con HIV.
In conseguenza a ciò, assumono un ruolo centrale le strategie di screening e di accesso al test, che si effettuano attraverso diverse modalità tutte mirate a fare incontrare il cittadino inconsapevole con il “Test HIV” (di seguito ‘Test’). Un obiettivo primario del presente Piano Nazionale, a fronte dei dati epidemiologici che suggeriscono di non diminuire l’allerta, è pertanto l’identificazione precoce delle persone con infezione da HIV per inserirle tempestivamente nel continuum of care. Nello specifico, pare cruciale:
 Aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso al Test
 Garantire in tempi brevi la diagnosi e il collegamento al percorso di cura
Tutte le occasioni nelle quali si offre il Test, soprattutto in contesti sanitari standard, devono essere momenti imprescindibili di counselling per chi risulta HIV-negativo, soprattutto se a rischio di infezione, per garantire una capillarità territoriale in merito alle indicazioni sulla prevenzione primaria dell’infezione.
Tra gli elementi critici che ritardano o ostacolano l’accesso al test, che possono essere diversamente rappresentati sul territorio italiano, sono compresi una bassa percezione del rischio, scarse conoscenze su HIV e terapia (in parte conseguenti alle insufficienze nell’educazione sessuale e alla salute), insufficiente informazione sui servizi offerti, lo stigma associato alla patologia, la preoccupazione sulla privacy, reticenze individuali e sociali nell’affrontare tematiche associate al tema “sesso” in senso lato, inadeguata formazione sul counselling, scarsa valutazione dei rischi, ostacoli logistici (orari e luoghi non sempre compatibili con le esigenze dell’utente), difficoltà ad approfondire e/o interpretare le abitudini sessuali degli utenti/pazienti al fine di chiarire il rischio di infezione e/o trasmissione. Per le criticità e gli interventi in merito alla condizione di gravidanza, si vedano altre parti del presente Piano.
Va inoltre ricordato che i dati del «Progetto di ricerca per l'individuazione e la sperimentazione di modelli di intervento atti a migliorare l'adesione al test HIV» del 2008/2009 evidenziavano una situazione di estrema disomogeneità dell'offerta del Test in merito al percorso offerto, la gratuità, l’anonimato, counselling pre e post-test, la consegna dell’esito e il collegamento al percorso specialistico di cura.
Riferimenti
1. INSIGHT START Study Group. Initiation of antiretroviral therapy in early asymptomatic HIV infection. N Engl J Med.;2015; 373(9):795-807.
2. Temprano ANRS 12136 Study Group. A trial of early antiretrovirals and isoniazid preventive therapy in Africa. N Engl J Med.; 2015; 373(9):808-22.
3. M. Cohen, Y. Chen, M. McCauley Antiretroviral therapy for the prevention of HIV-1 transmission. N Engl J Med 2016;375:830-839.
4. Rodger AJ, Cambiano V, Bruun Y, et al. Sexual activity without condoms and risk of HIV transmission in serodifferent couples when the HIV-positive partner is using suppressive antiretroviral therapy. JAMA 2016;316:171-181.
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1. Aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso al test
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
L’identificazione precoce dell’infezione da HIV nella popolazione infetta e inconsapevole è già prevista tra gli obiettivi per il controllo delle infezioni croniche dei Piani Regionali di Prevenzione 2016-2018 (Obiettivo 9, Punto 9.5.2).
In particolare, il Test va attivamente offerto a tutte le persone ad alto rischio di infezione, avendo come riferimento sia i dati epidemiologici, sia le osservazioni dei centri di cura italiani riguardanti i nuovi assistiti. Meritano particolare attenzione le seguenti condizioni o situazioni: uomini che fanno sesso con uomini (MSM), transgender, lavoratori e/o lavoratrici del sesso, utilizzatori di sostanze stupefacenti per via endovenosa, gravidanza, violenza domestica, detenzione, migranti (in particolare provenienti da paesi ad alta endemia), persone senza fissa dimora e/o emarginate, partner di persone con HIV, persone con più partner sessuali, figli di donne con HIV, coloro che iniziano un trattamento per tubercolosi, persone con infezioni sessualmente trasmesse, persone con infezione da virus dell’epatite B e C, soprattutto se giovani e/o con infezione acuta.
Per alcune delle condizioni/situazioni prima elencate, specifici contesti sanitari (servizi per la diagnosi e il trattamento delle infezioni sessualmente trasmissibili, servizi per i tossicodipendenti, servizi prenatali) si pongono come luogo d’elezione per l’esecuzione del Test, così come alcuni contesti non sanitari, al momento limitatamente presenti nel nostro paese. Questo ultimo modello, fondato sui CBVCT, è fortemente raccomandato dalle linee guida UNAIDS e ECDC, e prevede lo svolgimento in sedi di associazioni, contesti a bassa soglia, luoghi di aggregazione.
SINTESI CRITICITÀ
Nonostante sia disponibile l’accesso al Test attraverso vari canali, una proporzione elevata delle nuove diagnosi viene ancora effettuata tardivamente. Le principali cause di questo fenomeno possono essere:
 L’insufficiente sensibilizzazione della popolazione;
 La non omogenea organizzazione dei servizi sul territorio nazionale;
 Assenza o limitata presenza di ‘servizi non sanitari’ Community-Based (CBVCT) calibrati per incontrare le popolazioni target;
 Mancanza di politiche e programmi continuativi di accesso al Test, ostacoli di varia natura all’esecuzione del test rapido in contesti non sanitari, differentemente da quanto accade in altri paesi.
INTERVENTI PROPOSTI
INDICATORI DI RISULTATO
1. Attuare continuativamente i programmi mirati alla promozione del Test e del counselling, che includano anche la riduzione dello stigma sulla patologia e le informazioni sui benefici di una diagnosi precoce, come già previsto nel GU 191 del 8.8.2011, anche con approcci proattivi.
2. Procedere a una verifica dell’esistente (esperienze territoriali/regionali), per favorirne il potenziamento. Potenziare la presenza, a livello territoriale, di centri sanitari (ambulatori/punti prelievo/centri IST) che contemplino l’offerta del Test gratuito e del counselling, senza necessità di prescrizione medica.
3. Incrementare e favorire strategie parallele, secondo il modello fondato sui CBVCT*, che promuovano l’esecuzione del Test e del counselling nelle popolazioni target prima elencate, anche ad opera di operatori sanitari o non sanitari adeguatamente formati in contesti non sanitari. A tal proposito, è raccomandato:
o Il coinvolgimento dei rappresentati delle popolazioni target (associazioni di
1. Numero di programmi attivati; verifica dell’incremento dei Test a fronte del programma eseguito. Monitoraggio.
2. Mappatura dei centri sanitari eroganti i test, della caratteristica dell’offerta e della coerenza con quanto indicato anche in riferimento a centri sanitari rivolti a popolazioni target.
3. Mappatura e monitoraggio dell’attivazione di iniziative CBVCT rivolti a popolazioni target. Valutazioni di beneficio/efficacia.
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riferimento) al fine di concepire, programmare, calibrare ed eseguire l’intervento nel modo più idoneo;
o Una semplificazione normativa per: 1) favorire un approccio IST-integrato gratuito, nonché l’utilizzo di mezzi informatici e/o nuove tecnologie; 2) favorire la creazione e lo sviluppo dell’accesso al test in situazioni esterne all’ambito sanitario e ad esso collegate. 3) favorire il coinvolgimento diretto nello screening e nella comunicazione del risultato di operatori di associazioni anche non appartenenti alle professioni sanitarie, se debitamente formati.
4. Avviare programmi di sperimentazione di counselling e testing in contesti extra ospedalieri (gruppi di comunità) facendo riferimento a esperienze internazionali di successo.
5. Valutare l’impatto e la diffusione dell’auto-test reperibile in farmacia.
6. Richiedere alle farmacie di consegnare all’acquirente dell’auto-test al momento della vendita (o allegare in caso di acquisto on-line) un breve scritto informativo redatto dal Ministero della Salute, contenente tra l’altro, il numero verde 800.861.061 del Servizio nazionale di counselling multilingue dell’Istituto Superiore di Sanità da contattare per avere supporto, assistenza e ogni utile informazione anche in relazione all’utilizzo del test e all’interpretazione del risultato con particolare riguardo ai limiti temporali per l’affidabilità del test stesso.
7. Continuare a garantire la possibilità di esecuzione del test gratuito e in anonimato.
8. Favorire l’utilizzo delle nuove tecnologie (es.: prenotazioni via web, app) al fine di collegare con facilità l’utente ai servizi esistenti e promuovere strumenti divulgativi di autovalutazione del rischio. A tal proposito, è raccomandata una semplificazione normativa per favorire un approccio IST-integrato nonché l’utilizzo di mezzi informatici e/o nuove tecnologie. Utile il collegamento in rete tra ambienti di offerta del Test sanitari e non.
9. Definire le procedure che permettano l’accesso al Test ai minori, senza obbligo di richiesta del consenso da parte dei genitori, con interventi normativi adeguati.
4. Individuazione ed esecuzione di protocolli operativi sulla materia. Successiva valutazione ed eventuale implementazione.
5. Monitoraggio al fine di verificare l’efficacia dell’auto-test in termini di incremento nel numero di nuove diagnosi per anno e nella precocità della diagnosi anche riferita al numero di linfociti CD4 rilevati. Verifica da parte del medico del centro clinico che effettua la prima visita delle modalità dell’avvenuta diagnosi (self-test/centro clinico).
6. Monitoraggio dei contatti al n. verde 800.861.061 del Servizio nazionale di counselling multilingue dell’Istituto Superiore di Sanità.
7. Mappare e monitorare l’aspetto di gratuità e intervenire tramite gli strumenti normativi laddove non applicato.
8. Individuazione ed esecuzione di protocolli operativi sulla materia. Successiva valutazione ed eventuale implementazione. Utile la ripetizione di esperienze esistenti di successo (www.failtestanchetu.it/).
9. Monitorare le attività volte all’ottenimento di un intervento normativo che favorisca ai minori l’accesso al Test e ai successivi passaggi.
Attori da coinvolgere
Assessorati Regionali e rete dei Centri territoriali per l’esecuzione del test, Centri per l’assistenza delle persone con HIV/AIDS, ISS, Commissioni Regionali AIDS, Assessorati Regionali Sanità, Associazioni, Società Scientifiche, Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute.
Tempistica
Censimento dell’esistente e coinvolgimento degli Attori entro 12 mesi dalla data di esecutività del
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suggerita
Piano; definizione delle strategie e completamento della fase di formazione entro 18 mesi; attivazione della rete parallela CBVCT entro 24 mesi; attività a regime entro 36 mesi.
* = CBVCT (community-based voluntary counseling and testing) is any program or service that offers HIV counselling and testing on a voluntary basis outside formal health facilities.
Riferimenti
1. “Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalita' di esecuzione del test per HIV in Italia”; Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2011 (Rep. n. 134/CSR) - G.U. Serie Generale, n. 191 del 18 agosto 2011.
2. 2014 European Guideline on HIV Testing http://www.iusti.org/regions/europe/pdf/2014/2014IUSTIguidelineonHIVtesting.pdf
3. Friedman DS, O'Byrne P, Roy M Comparing those diagnosed early versus late in their HIV infection: implications for public health. Int J STD AIDS 2016 Aug 18.
4. Raffetti E, Postorino MC, Castelli F, Casari S, Castelnuovo F, Maggiolo F, Di Filippo E, D'Avino A, Gori A, Ladisa N, Di Pietro M, Sighinolfi L Zacchi F, Torti C The risk of late or advanced presentation of HIV infected patients is still high, associated factors evolve but impact on overall mortality is vanishing over calendar years: results from the Italian MASTER Cohort. BMC Public Health 2016 Aug 25;16(1):878.
5. European Centre for Disease Prevention and Control. HIV testing: Increasing uptake and effectiveness in the European Union. ECDC Guidance. Stockholm: ECDC; 2010.
6. European Centre for Disease Prevention and Control. HIV testing: Increasing uptake and effectiveness in the European Union. Technical Report. Stockholm: ECDC; 2010.
7. Polilli E, Sozio F, Di Stefano P, Sciacca A, Ursini T, Paoloni M, Vecchiet J, Di Giammartino D, Sciotti MP, Grimaldi A, Cortesi V, Fazii P, Ricci E, D'Amario C, Ippolito G, Pippa L, Parruti G. Web-Based HIV Testing in Abruzzo, Italy: Analysis of 15-Month Activity Results. AIDS Patient Care STDS. 2016 Oct;30(10):471-475. PubMed PMID: 27749107.
8. UNAIDS, A short technical update on self-testing for HIV, May 2014.
9. Johnson C, Baggaley R, Forsythe S, van Rooyen H, Ford N, Napierala Mavedzenge S, Corbett E, Natarajan P, Taegtmeyer M., Realizing the potential for HIV self-testing., AIDS Behav. 2014 Jul;18 Suppl 4:S391-5. doi: 10.1007/s10461-014-0832-x.
10. Pant Pai N, Sharma J, Shivkumar S, Pillay S, Vadnais C, Joseph L, Dheda K, Peeling RW. Supervised and unsupervised self-testing for HIV in high- and low-risk populations: a systematic review. PLoS Med. 2013;10(4):e1001414. doi: 10.1371/journal.pmed.1001414. Epub 2013 Apr 2.
11. Figueroa C, Johnson C, Verster A, Baggaley R., Attitudes and Acceptability on HIV Self-testing Among Key Populations: A Literature Review. AIDS Behav. 2015 Nov;19(11):1949-65. doi: 10.1007/s10461-015-1097-8.
12. Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalita' di esecuzione del test per HIV in Italia”; Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 27 luglio 2011 (Rep. n. 134/CSR) - G.U. Serie Generale, n. 191 del 18 agosto 2011 - PUNTO 4.6.
13. Progetto “Sperimentazione di un intervento per favorire la diagnosi tempestiva dell’infezione da HIV attraverso l’offerta attiva di test rapido salivare” - L. Spallanzani IRCCS (INMI) con le associazioni della Consulta Aids - 2011/12 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_200_lISTaFile_itemName_2_file.pdf
14. HIV Testing. WHO recommends HIV testing by lay providers", WHO Policy Brief, July 2015
15. Thornton AC, Delpech V, Kall MM and Nardone A. “HIV testing in community settings in resource-rich countries: a systematic review of the evidence”, HIV Medicine (2012), 13, 416–426
16. Castel AD, Choi S, Dor A, Skillicorn J, Peterson J, Rocha N, Kharfen M. "Comparing Cost-Effectiveness of HIV Testing Strategies: Targeted and Routine Testing in Washington, DC", PlosOne, 2015 Oct 14;10(10)
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2. Garantire in tempi brevi la diagnosi e il collegamento al percorso di cura (Strategie di diagnosi e linkage to care)
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
La diagnosi sierologica di infezione da HIV deve basarsi su un test di ultima generazione (alla data di redazione del presente documento, su test di quarta generazione, in grado di evidenziare gli anticorpi anti-HIV-1/2 e contemporaneamente l’antigene p24*) e seguito da un saggio di conferma tra quelli internazionalmente accettati. La positività riscontrata mediante test rapido deve essere confermata su siero secondo la procedura sopra descritta.
Il collegamento al percorso di cura della persona neo-diagnosticata è cruciale al fine di garantirle l’assistenza adeguata e per limitare la diffusione dell’infezione (es.: sostenere il paziente nel processo di accettazione e di comunicazione ad altri, i partner). In conseguenza, i tempi di risposta dell’esito del Test, “l’accompagnamento” della persona presso il centro di cura e la presa in carico, un adeguato sostegno anche da punto di vista dell’equilibrio psicologico sono aspetti cruciali per limitare la perdita di contatto del paziente.
SINTESI CRITICITÀ
In Italia, l’esecuzione dei test diagnostici per l’infezione da HIV deve essere effettuata in conformità a quanto previsto dal documento di consenso sulle “Politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per HIV in Italia”.
Nel documento, si rilevano tuttavia, alcune aree che necessitano di adeguamento in base alle recenti evoluzioni delle conoscenze. In particolare vanno aggiornati alcuni aspetti tecnici (es.: generazione del test), ridefinito il ruolo dei contesti non sanitari e introdotti l’home testing (self-test) e/o home sampling, le nuove tecnologie (es.: prenotazioni via web, app). È opportuna, inoltre, una revisione dell’offerta del counselling e di altre procedure previste che possono ostacolare o complicare l’accesso al test e il linkage to care.
Non sono inoltre contemplate procedure/strategie atte a garantire il linkage to care della persona risultata positiva al test.
INTERVENTI PROPOSTI
1. Produrre un nuovo documento (in sostituzione del precedente) sulle “Politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per HIV in Italia” e prevederne l’aggiornamento periodico.
2. Individuare opportune strategie per massimizzare l’avvio al trattamento con la partecipazione di tutti gli attori (comunità scientifica e associazioni di pazienti e/o comunità colpite).
INDICATORI DI RISULTATO
1. Attivazione del tavolo tecnico di competenza per la ridefinizione del documento, con il coinvolgimento di tutti gli attori (comunità scientifica e associazioni di pazienti e/o comunità colpite). Invio del nuovo documento in conferenza Stato Regioni.
2. Verifica della strategia avviata anche in base all’adesione alla stessa degli attori da coinvolgere e alla rilevazione del tempo intercorso tra l’esecuzione del test e il contatto con un centro clinico deputato all’assistenza.
Attori da coinvolgere
Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute, Assessorati regionali alla sanità, Commissioni Regionali AIDS, Associazioni, Società Scientifiche, Regioni
Tempistica suggerita
1. Sei mesi dalla data di esecutività del Piano per l’attivazione del tavolo tecnico e 12 mesi per la produzione del documento.
2. Verifica della strategia a 18 mesi
*Questo riferimento di ordine tecnico, vista l’evoluzione della ricerca in ambito diagnostico-scientifico, può - per definizione - nel tempo essere soggetto a variazioni.
Riferimenti
1. Recommendations for Laboratory Testing for the Diagnosis of HIV Infection at https://stacks.cdc.gov/view/cdc/23447
2. Rep. N. 134/CSR del 27 luglio 2011) (11A11001) (G.U. Serie Generale n. 191 del 8 agosto 2011, disponibile http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2011/20110191/11A11001.htm
3. Center for Diseases control. http://www.cdc.gov/hiv/guidelines/testing.html
4. Recommendations for HIV Prevention with Adults and Adolescents with HIV http://www.cdc.gov/hiv/guidelines/personswithhiv.html
5. Capobianchi MR., Re MC, Antinori A Revisione percorso diagnostico HIV (rev 3,2014) available at http://www.amcli.it/wp-content/uploads/2015/09/Rev3pdHIV2014conrighenumerate.pdf
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Prevenzione e provvedimenti per la diagnosi precoce e l’emersione del sommerso: comunicazione rivolta alla popolazione generale e strategie mirate a popolazioni specifiche
1. Comunicazione rivolta alla popolazione generale
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
Le Campagne di comunicazione hanno lo scopo di sensibilizzare la popolazione sul tema HIV/AIDS, fornire informazioni corrette, sostenere le varie attività di prevenzione in essere. Una campagna sull’HIV/AIDS, per avere efficacia, deve rientrare in una strategia nazionale, prevedere una serie di azioni correlate ad un obiettivo di base, da diversificare in maniera tale da raggiungere i vari gruppi target. Sul piano della comunicazione è, infatti, importante coinvolgere anche i rappresentanti dei gruppi chiave, affinché le informazioni possano essere credibili e le raccomandazioni convincenti. Per avere una comunicazione di qualità risulta indispensabile il coinvolgimento di figure professionali esperte, e conoscere l’entità delle risorse destinate.
Nel corso degli ultimi anni sono state condotte ricerche e studi per valutare le conoscenze e la percezione della popolazione italiana, e di alcuni segmenti di popolazione in particolare, in tema di HIV/AIDS. Le lacune evidenziate vanno dalla non corretta valutazione dei rischi di alcune pratiche sessuali, all’infondato timore nei confronti delle comuni relazioni quotidiane con le persone con HIV, sino ad un’errata conoscenza del “periodo finestra” (ovvero della fase in cui il test per HIV resta non informativo dopo l’avvenuta infezione) e uno scarso ricorso al test HIV e all’uso dei mezzi di protezione barriera. Emerge anche il gap informativo relativo alle nuove conoscenze in ambito di possibilità di prevenzione, sia per quanto riguarda la PrEP sia la TasP. I giovani sembrano maggiormente disinformati con un trend negativo nell’uso del profilattico.
Da tutto quanto sin qui esposto, emerge chiaramente, nella relativa paucità dei dati disponibili, che l’ottenimento di una maggiore informazione sull’infezione da HIV nella popolazione rimane una priorità imprescindibile.
SINTESI CRITICITÀ
Dai dati citati in premessa, emerge la necessità di una maggiore informazione sull’infezione da HIV nella popolazione.
In Italia il processo di costruzione delle campagne di comunicazione su HIV/AIDS non ha sempre seguito quanto premesso. Pertanto, le campagne sono risultate spesso non adeguate al raggiungimento di determinati obiettivi e slegate dalle priorità delle strategie nazionali. Inoltre si possono evidenziare altre criticità:
- Mancanza di continuità temporale (questo porta a non essere riconoscibile il tema);
- Scarsità di azioni di monitoraggio e valutazioni pre e post per verificare impatto ed efficacia;
- Scarsità di risorse investite in tutti questi anni utili ad ottenere dei risultati efficaci in ambito di comunicazione.
INTERVENTI PROPOSTI
1. Attivare delle procedure standard per la realizzazione delle campagne di comunicazione che preveda il raccordo tra DG Comunicazione, Sezioni L e M del CTS, Esperti di comunicazione.
2. Attivare una campagna di comunicazione nazionale della durata di tre anni, in accordo con le priorità indicate dal seguente Piano Nazionale, con il coinvolgimento del MIUR e il Ministero pari Opportunità (Patrocinio). I
INDICATORI DI RISULTATO
1. Monitoraggio. Verifica dell’attivazione delle procedure.
Verifica dell’esecuzione e della realizzazione; Valutazione pre-post; verifica delle risorse congrue allo svolgimento
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contenuti della campagna dovranno essere stabiliti dalle Sezioni L e M del CTS, con alcuni di essi direttamente coinvolti nelle fasi di realizzazione. La Campagna dovrà essere articolata su popolazione generale, popolazioni target, dovrà contenere elementi di lotta allo stigma e alla discriminazione sulle persone con HIV e loro partner.
Riferimenti
1. Valutazione dell’impatto del messaggio della Campagna ministeriale Educativo-Informativa 2007-2008 per la lotta all’AIDS e sperimentazione di un modello di divulgazione continua e costante dei messaggi mirati a gruppi vulnerabili, con il coinvolgimento delle Associazioni della Consulta http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_1265_listaFile_itemName_3_file.pdf
2. Protocollo MIUR/MdS http://www.salute.gov.it/portale/news/documenti/newsletter/Protocollo_intesa_MIUR_MS_rev_27032015.pdf
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1.1 Mondo giovanile
Introduzione
Gli ambiti privilegiati degli interventi rivolti al mondo giovanile vengono individuati nella scuola e nell’utilizzo del web e dei social network ai fini della diffusione della cultura della prevenzione e della assunzione di informazioni sulle conoscenze e sul livello di attenzione in merito ad HIV e alle infezioni sessualmente trasmissibili, in particolare, anche se non esclusivamente, tra i giovani che hanno lasciato la scuola e non sono entrati nel mondo del lavoro. Interventi formativi rivolti agli studenti universitari sono ritenuti utili alla creazione di educatori tra pari in contesto universitario ed extrauniversitario.
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
Gli interventi di prevenzione dell’infezione da HIV e delle IST devono necessariamente rivolgersi ai giovani, attraverso percorsi educativi che li guidino ad assimilare la cultura della responsabilità nei confronti del proprio e dell’altrui essere psicofisico. La scuola è il luogo elettivo ove tali interventi possono trovare il più efficace sviluppo. Negli ultimi anni, gli interventi di prevenzione sembrano aver subito, nella scuola e tra la popolazione giovanile in generale, un processo involutivo, accompagnato da un marcato calo di interesse sia delle Istituzioni, sia tra i giovani stessi.
SINTESI CRITICITÀ
Interventi di prevenzione che comportano la necessità di trattare argomenti inerenti alla sessualità sono ancora causa di conflitti e prese di posizione ideologiche, in larga misura estranei ai giovani, che hanno rappresentato e tuttora rappresentano un serio ostacolo nell’affrontare nelle scuole le tematiche inerenti a HIV/AIDS e IST. Pur nel progressivo diradarsi degli interventi di prevenzione, in base ai dati più recenti la scuola sembra mantenere un ruolo centrale come punto di riferimento informativo su HIV/AIDS e IST, con il compito di sostituirsi alla famiglia su quanto a quest’ultima riesce difficile o impossibile affrontare. La nuova composizione della popolazione scolastica, con una percentuale sempre crescente di giovani di recente immigrazione, provenienti da contesti culturali differenti, rende più complesso e urgente articolare corretti interventi di prevenzione che tengano conto della nuova realtà. In controtendenza rispetto all’uso sempre più esteso dei social network e di internet, l’interesse degli studenti sedicenni ad approfondire la conoscenza sulle tematiche inerenti HIV/AIDS e IST attraverso questi mezzi risulta modesto, così come il desiderio di discuterne con gli amici, a suggerire che il tema sia ritenuto dai più non coinvolgente e di scarso interesse. Fino ad ora, gli interventi di prevenzione nella maggioranza dei casi sono stati delegati dalla scuola ad enti esterni e ad associazioni di volontariato, risultando un corpo accessorio, se non estraneo, al processo educativo. La trattazione della tematica HIV/AIDS e IST senza contestualizzarla in un programma più articolato di educazione alla salute rappresenta un ulteriore ostacolo al successo degli interventi di prevenzione. L’inserimento nel curriculum formativo scolastico delle tematiche di prevenzione e di educazione alla salute e alla sessualità rappresenta l’intervento cardine sul quale si fonda in prospettiva il possibile successo nella riduzione della diffusione di HIV.
INTERVENTI PROPOSTI
1. Predisposizione di un documento di indirizzo da parte delle due Sezione L e M del CTS sulla materia. Il documento sarà volto a delineare le tematiche relative a HIV/AIDS e IST in un programma complessivo di prevenzione ed educazione alla salute da integrare nel curriculum scolastico. Tale programma, adeguato alle fasi evolutive delle diverse età, dovrà essere rivolto agli studenti della scuola di ogni ordine e grado.
INDICATORI DI RISULTATO
1. Realizzazione entro 18 mesi dall’approvazione del presente Piano Nazionale. Monitoraggio.
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2. Realizzazione di un programma complessivo di educazione alla salute e alla responsabilità verso se stessi e gli altri, elaborato dai Ministeri competenti, nell’ambito dell’esistente protocollo MDS/MIUR, in cui le tematiche della cultura della prevenzione di HIV e IST siano inserite in un contesto più ampio di educazione alla salute.
3. Elaborazione di un programma di formazione indirizzato agli insegnanti degli anni di corso e delle discipline interessate.
4. Attivazione di un programma di educazione tra pari rivolto agli studenti degli Istituti secondari di secondo grado, al fine di favorire la partecipazione attiva e il protagonismo giovanile e di rendere più efficaci gli interventi di prevenzione.
5. Censimento e “registrazione in un Albo specifico” delle associazioni di volontariato, che hanno un’esperienza significativa in attività di prevenzione in collaborazione con le scuole per la realizzazione di specifici progetti educativi.
6. Coinvolgimento delle associazioni di volontariato censite nell’affiancamento dell’Istituzione scolastica nella realizzazione di specifici programmi di prevenzione e per l’attuazione di programmi scuola/ lavoro.
7. Coinvolgimento delle Università nel processo di formazione degli insegnanti attraverso l’attivazione di corsi di perfezionamento, realizzati in collaborazione con le associazioni, che offrano formazione certificata sui temi della prevenzione sanitaria.
8. Costituzione di un gruppo di lavoro comprendente esperti della comunicazione attraverso social network al fine di disegnare una strategia di rilevazione delle conoscenze/attitudini del mondo giovanile nei confronti di HIV/AIDS e IST e interventi di prevenzione e di lotta allo stigma.
9. Formazione in materia di IST indirizzata a studenti universitari, con previsione di attribuzione agli stessi di crediti formativi nella materia, perché svolgano attività peer-to-peer di informazione e sensibilizzazione in materia di HIV/AIDS/ IST verso tutti gli studenti dei rispettivi atenei. Attivazione di strumenti di rilevazione periodica dei risultati ottenuti.
2. Realizzazione entro 18 mesi dall’approvazione del presente Piano Nazionale. Monitoraggio.
3. Numero dei docenti che hanno partecipato alla formazione specifica di almeno 10 istituti afferenti a ciascun ufficio scolastico regionale entro due anni dall’approvazione del presente piano.
4. Numero di scuole che ha attuato il programma di educazione tra pari, entro 18 mesi dall’approvazione del presente Piano Nazionale. Monitoraggio.
5. Da realizzare entro 12 mesi dall’approvazione del presente piano.
6. Numero delle Associazioni di volontariato censite coinvolte nella realizzazione di programmi di prevenzione. Monitoraggio.
7. Numero di corsi attivati.
8. Attivazione del gruppo di lavoro entro 12 mesi dall’attivazione del piano.
9. Aumento delle conoscenze sulle IST e sul ruolo protettivo e il corretto uso del profilattico tra i giovani. Incremento dell’uso riferito di preservativi nella fascia d’età 19-25 anni.
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2. Strategie rivolte alle popolazioni chiave
2.1 MSM: uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
Con MSM si intendono gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, indipendentemente dalla loro identificazione come uomini gay o bisessuali. È nota la persistenza e la sproporzione dell’epidemia in questa sotto-popolazione, rispetto alla popolazione generale. La popolazione MSM risulta essere tra le più informate nel nostro paese la ricerca europea EMIS del 2010 e la ricerca dell’Università Bologna del 2014 delineano che gli MSM generalmente riportano conoscenze più accurate rispetto agli altri gruppi di popolazione, tendono ad usare con maggior costanza il profilattico nei rapporti occasionali, ricorrono al test HIV. In particolare da EMIS risulta che: è pressoché universale nella popolazione MSM italiana la conoscenza che l’AIDS è causata dal virus HIV e che è necessario un test per stabilire se si sia o meno infetti da HIV (98%); che il 94% dei rispondenti sa che ad oggi non esiste una cura risolutiva per l’infezione da HIV, e il 92% è a conoscenza che l’infezione viene tenuta sotto controllo dalle terapie specifiche attualmente disponibili. Il livello di conoscenza e il fattore individuale comportamentale (uso del preservativo, numerosità di partner, ecc.) non spiega questa sproporzione, alimentata piuttosto da fattori strutturali come:
 Alta prevalenza già presente stimabile intorno al 10%.
 Alta capacità trasmissiva del sesso anale (18 volte maggiore del sesso penetrativo vaginale).
 Configurazioni e dinamiche di network che accelerano l’epidemia.
L’omofobia (sociale e/o interiorizzata) è un ulteriore fattore strutturale, che ha risvolti sia sul piano del condizionamento nell’accesso ai servizi, sia sul piano dell’aumento del rischio individuale. Inoltre l’HIV-fobia produce effetti negativi sulla qualità della vita delle persone con HIV e sulla gestione comunitaria e consapevole del rischio.
SINTESI CRITICITÀ
Nonostante gli MSM siano universalmente riconosciuti come una popolazione chiave, poco viene fatto per rispondere ai suoi bisogni di prevenzione. Se sul piano strutturale gli MSM hanno a-priori un livello di esposizione al rischio più alta, sul piano del comportamento individuale c’è spazio per ridurre lo svantaggio iniziale. Secondo EMIS su 16689 MSM in Italia, il 44,9% ha fatto sesso con uomini prima dei 18 anni, il 45% sesso anale prima dei 20 anni, il 34.3% sesso occasionale con più di 10 uomini nell’ultimo anno e il 40,4% di coloro che avevano avuto partner occasionali nell’ultimo anno non aveva sempre usato il preservativo nel sesso anale. Lo stesso rapporto con i servizi è critico, e la frammentazione dei servizi di Testing HIV/IST e la mancanza di un approccio di salute sessuale non aiutano: il 28.5% non aveva mai fatto un test HIV, solo il 41.2% lo aveva fatto nell’ultimo anno, il 58.3% di coloro che aveva fatto un test era insoddisfatto del counselling e il 43.1% non aveva potuto parlare di sesso, meno del 30% aveva fatto controlli per IST diverse dall’HIV nell’ultimo anno e poco più del 50% dichiarava di essere vaccinato per epatite B. I programmi di prevenzione sono assenti. Secondo SIALON 2, solo il 35.9% è stato raggiunto da programmi di prevenzione nell’ultimo anno, percentuale che scende al 27.7% tra gli under 25. In generale, gli MSM under 25 sono meno raggiunti da programmi di prevenzione, usano meno il preservativo o fanno meno il Test.
INTERVENTI PROPOSTI
1. Favorire l’empowerment e coinvolgimento attivo degli MSM (tramite la comunità gay organizzata), nel processo di elaborazione e implementazione di politiche, programmi e azioni di prevenzione.
2. Favorire programmi di riduzione dello stigma:
o Omofobico, nella popolazione
INDICATORI DI RISULTATO
 Numero e tipologie di azioni per il coinvolgimento attivo della comunità gay organizzata.
 Monitoraggio. Numero di programmi di riduzione dello stigma.
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generale e tra gli operatori sanitari;
o HIV-fobico, all’interno della comunità degli MSM.
3. Favorire la promozione di campagne informative mirate al target, programmi di prevenzione e peer-education e programmi di distribuzione gratuita di preservativi e lubrificanti, non solo nei luoghi dove gli MSM si incontrano, ma anche nei servizi sanitari con cui vengono a contatto.
4. Favorire l’approccio di “prevenzione combinata” mirata che includa:
o PrEP, TasP e PPE;
o Programmi community-based di offerta di test rapidi HIV ed IST, in particolare presso sedi di associazioni, Checkpoint, locali gay, luoghi di incontro e prostituzione e sperimentazione di ulteriori modelli alternativi complementari all’offerta standard;
o Vaccinazioni per MSM nei luoghi frequentati, secondo linee guida vigenti
 Monitoraggio. Numero di campagne informative e di preservativi e lubrificanti distribuiti nell’ambito dei programmi mirati al target.
 Monitoraggio. Numero di programmi di prevenzione combinata che includano TasP, PrEP e PEP; numero vaccinazioni offerte ed effettuate nel contesto; Numero di servizi che integrano offerta di test HIV con altri controlli IST. Livello di gradimento dell’utenza.
Attori da coinvolgere
Associazioni, Società Scientifiche, Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute. Commissioni Regionali AIDS
Tempistica suggerita
Definizione degli attori entro sei mesi dalla data di esecutività del Piano. Avviamento delle azioni entro dodici mesi. Attività a regime alla fine del triennio
Riferimenti
1. Beyrer, Chris et al., Global epidemiology of HIV infection in men who have sex with men, The Lancet, 2012, Volume 380 , Issue 9839 , 367 – 377;
2. The EMIS Network. EMIS 2010: The European Men-Who-Have-Sex-With-Men Internet Survey. Findings from 38 countries. Stockholm: European Centre for Disease Prevention and Control, 2013; http://www.emis-project.eu/sites/default/files/public/publications/emis-2010_european_msm_internet_survey_38_countries_v5.pdf http://ec.europa.eu/health/sti_prevention/docs/ecdc_report_emis_2010_en.pdf
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4. The Sialon I
5. The Sialon II Project. Report on a Bio-behavioural Survey among MSM in 13 European cities. ISBN 978-88-98768-55-4 Cierre Grafica, 2016. Editors: Massimo Mirandola, Lorenzo Gios, Nigel Sherriff, Igor Toskin, Ulrich Marcus, Susanne Schink, Barbara Suligoi, Cinta Folch, Magdalena Rosińska. https://www.brighton.ac.uk/_pdf/research/health/sialon-ii-final-report.pdf
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7. Ross MW, Berg RC, Schmidt AJ, et al. Internalised homonegativity predicts HIV-associated risk behavior in European men who have sex with men in a 38-country cross-sectional study: some public health implications of homophobia. BMJ Open. 2013;3(2):e001928. doi:10.1136/bmjopen-2012-001928.
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2.2 Persone che utilizzano sostanze
DESCRIZIONE DELL’ARGOMENTO
Il 52,8% del totale dei casi di AIDS segnalati tra il 1982 e il 2013 è attribuibile alle pratiche associate all’uso di droghe per via iniettiva. In questi anni i Servizi (pubblici e del privato sociale), attraverso i programmi di Riduzione del Danno (RDD) e i trattamenti (sia di scopo sia cART), hanno svolto un ruolo determinante nella prevenzione dell’HIV tra gli Injecting Drug Users (IDU). Si veda il trend in diminuzione delle diagnosi di AIDS 61.4% nel 2001, 12,3% nel 2014 così come la prevalenza delle diagnosi di infezione da HIV che, nel 2014, scesa al 2,3%. Tuttavia, va sottolineato che la quota dei testati nei SerD nel 2014 è stata solo del 38,7% e che tale percentuale è pressoché costante dal 2010. Altro dato da evidenziare è la percentuale di detenuti tossicodipendenti presenti in carc